Gli appunti di viaggio firmati Nomadi Moderni, alla scoperta di culture lontane, che esaltano il bello e l'importanza delle diversita'.
Ogni esploratore custodisce delle esperienze di viaggio uniche, che conserva come un proprio tesoro, intimo e intoccabile. Non sempre si tratta di paesaggi emozionanti come la vista di Machu Picchu, i templi di Angkor Wat, l'alba dell'Himalaya, un safari nel Serengeti... spesso sono l’incontro con le persone, nella loro quotidianità, condita da ritmo lento, semplici attività e (tanti) sorrisi.
Talvolta, noi Nomadi Moderni ci siamo ritrovati in situazioni simili, dai ranch negli Stati Uniti all'entroterra del Costa Rica, dalle spiagge di Zanzibar ai villaggi sperduti del Vietnam, passando per le giungle del Laos e le tribù maori della Nuova Zelanda. Episodi, appunti di viaggi ed emozioni che abbiamo trasferito in avvincenti itinerari.
In queste righe vorremmo condividere proprio questi brevi reportage che, portandoci alla scoperta di paesaggi sensazionali e culture differenti, hanno arricchito le nostre vite - e speriamo anche di coloro che abbiamo incontrato.
Mi sento cittadina del mondo,
la mia mente è aperta e desiderosa di assorbire concetti di 1000 culture diverse,
imparando e crescendo anche attraverso i miei viaggi. Camila Raznovich
- Una vita da cow-boy
- Una domenica di calcio in Costa Rica
- La filosofia del Pole Pole
- La giungla dei sorrisi
- Una notte d'estate in una tradizionale casa su palafitta
- Funerale Maori all'improvviso
Una vita da cow-boy
Appunti di viaggio di Emma, responsabile viaggi in Asia ma aspirante cowgirl
Gli Stati Uniti d'America non sono solo grandi città o sterminate e desolate province. Nel mezzo ci sono magnifici ranch immersi in vallate e foreste verdissime. Lo Utah è terra di mormoni, di meravigliosi parchi naturali e di bellissimi ranch, dove la vita scorre a ritmo di cavalcate, pascolo delle mandrie e balli country del sabato sera.
Al nostro arrivo J.R., il capofamiglia mormone, ci accoglie con un ampio sorriso: “Hi guys, welcome to Rockin R Ranch! This is your home now and I will be like your father for the next 3 days”, e ci piazza in mano un bel bicchierone di limonata appena fatta (quanto è America questa cosa!).
Ci mostra poi le ampie e magnifiche sale comuni e ci accompagna nelle nostre camere, dove quasi mi commuovo appena vedo l’arredamento in legno e le coperte patchwork in tinta con le tendine e i cuscini splendidamente adagiati qua e là a casaccio.

Prima di andarsene, sull'uscio della porta, col vocione: “take your time, but not too much ya, we have to saddle the horses. It’s time to become a cowboy”. Noi ci guardiamo, e un po’ impauriti e un po’ gasati, gettiamo le valigie dove capita, le spalanchiamo per recuperare jeans, stivali e camicie a quadri e ci lanciamo giù per le scale fino alle scuderie, dove troviamo il capo cowboy Will, biondissimo e con occhi azzurri degni del cielo sopra di noi, che sfodera un sorriso da fare invidia a qualsiasi dentista.
Will ci squadra, decidendo così quale cavallo affidarci, sceglie per noi le selle e ci fa cenno di seguirlo. Le scuderie sono bellissime, i cavalli aspettano docili nei loro ampi box. Ho un brivido di gioia nel pensare che nei prossimi giorni sarò una vera cowgirl.
Usciamo tutti fieri in sella ai nostri destrieri, tra gli sguardi noncuranti dei manzi e dei vitelli che puntellano la prateria tutt’intorno. Will sprona leggermente il suo cavallo e prima di prendere tutti il galoppo mi ricorda il ballo country di sabato: “I would like to dance with you this Saturday” e via di denti bianchissimi...
Una domenica di calcio in Costa Rica
Appunti di viaggio di Maria, responsabile viaggi in Centro/Sud America ed appassionata di sport
Che cosa si fa la domenica a San Josè? Naturalmente si gioca a calcio e naturalmente sotto un acquazzone tropicale, perché la pioggia è la normalità in Costa Rica.
E’ il mio ultimo giorno in questo meraviglioso paese e considerando che c’è aria di pioggia, decido di visitare il Museo dell’arte costaricense e di fare una passeggiata nel attiguo Parco Metropolitano La Sabana. Entrambi sono stati progettati per sostituire gli spazi che ospitavano l’aeroporto della capitale abbandonati quando è stato costruito il Juan Santamaria ad Alajuela.
Nel Parco La Sabana si stanno svolgendo due partite di calcio. Nonostante stia piovendo a dirotto i giocatori proseguono la partita con “professionalità”, anche se il campo assomiglia più ad una grande pozzanghera che ad un prato inglese!

Mi riparo sotto un grande albero che ospita anche un’intera famiglia che vende cibo e bevande, un vero “street bar”. Sguardi curiosi, occhiate indagatrici... alla fine l’attrazione di entrambi per conoscere l’altro ha il sopravvento e cominciamo a parlare.
Mi spiegano che non è un campionato di calcio ma sono dei mini-gironi che si svolgono ogni fine settimana. Tutte le domeniche vengono al seguito della loro squadra sia per vendere empanadas, caffè, acqua e altro agli spettatori sia per supportare la loro squadra, che mi dicono con orgoglio, sta vincendo 7-3. Non posso non comperare un paio di empanadas e un caffè!
Ah dimenticavo: le squadre si chiamano Juventus, Milan, Inter e Roma.
Pura Vida!
La filosofia del Pole Pole
Appunti di viaggio di Bea, assistente viaggi in Africa e cultrice del ritmo lento
Arrivati a Stone Town, Zanzibar, dopo un lungo volo, ci rechiamo alla “stazione centrale” degli autobus alla ricerca di quello che ci avrebbe portato a Jambiani, un piccolo villaggio sulla costa sud-orientale dell’isola.
Dopo essere stati imbrogliati da tutti che il loro sarebbe stato il mezzo che poteva fare al caso nostro, troviamo quello giusto: un camioncino, molto discutibile, con le classiche panche da sagra di paese lungo tutto il perimetro. Che fortunati, è ancora vuoto e possiamo scegliere dove sederci; adocchiamo i posti sul fondo e decidiamo di sistemarci lì, in modo da avere più spazio, pensiamo.
Vedendo che nessuno si agita, chiediamo quando la corsa sarebbe partita; ci viene risposto, molto tranquillamente, “Pole pole, my friends”. Intanto il tempo passa, ma nessuno sembra avere l’intenzione di muoversi, quindi decidiamo di metterci il cuore in pace e aspettiamo...

Dopo 2 ore si accende finalmente il motore e possiamo lasciarci Stone Town alle spalle.
A questo punto pensiamo di essercela cavata anche abbastanza bene, invece non potevamo neanche immaginare che quello si sarebbe rivelato il classico viaggio della speranza! La gente continua a salire incitata dal reclutatore, nonostante i pochi posti apparentemente disponibili siano già occupati.
L’autista continua a fermare il camioncino in ogni villaggio che incontriamo – e intanto la gente continua a salire, ma mai nessuno che decida di concedere un minimo movimento alle mie povere gambe. Lui e il reclutatore devono ovviamente salutare la nonna, l’amico e il cugino di 5° grado. Come se non bastasse, devono pure occuparsi della consegna delle provviste e del ritiro di quelle da lasciare nei villaggi successivi, manco fossero i corrieri di TNT. Ad ogni sosta – e ad ogni nostra conseguente sbuffata – non smettono di ripeterci “pole pole”, accompagnato da un movimento tranquillo delle mani e un sorriso a 52 denti... ci staranno forse dicendo, in modo carino, di smetterla di rompere le scatole, che tanto prima o poi arriviamo?
Dopo quasi 5 ore schiacciati sul fondo, 35 persone salite e mai scese, e ben 56 km da percorrere, arriviamo a destinazione. Neanche il tempo di adattarsi un attimo, che subito siamo stati coinvolti in quella che la maggior parte degli africani considera la propria filosofia di vita. Dopo aver finalmente scoperto il significato di quell’espressione così frequente, ci è apparso infatti tutto più chiaro. Il nostro indimenticabile viaggio della speranza aveva avuto il suo perché ?
La giungla dei sorrisi
Appunti di viaggio di Christian, amministratore Viaggigiovani.it con lo zaino sempre pronto alla partenza
Se penso ad uno degli incontri più memorabili nel mio vagabondare, mi viene subito in mente il nord del Laos.
Dobbiamo tornare indietro a dicembre del 2005 quando, appena entrati nel Laos attraversando il mitico Mekong su delle piccole imbarcazioni a motore, ci capita tra le mani un volantino che promuove un trekking di tre giorni tra le montagne, in una zona appena aperta al turismo: Vieng Phuka.
Saltiamo sul primo bus sgangherato che si inerpica su una strada in costruzione nella giungla, futuro collegamento tra la Thailandia e la Cina. Qui incontriamo altri viaggiatori: una coppia italo-argentina, un lupo solitario genovese ed una coppia belga. Condividiamo il nostro volantino con loro ed ecco che il gruppetto è fatto, si parte!

Non sappiamo cosa ci possa aspettare, ma giunti al primo villaggio dove passeremo la prima notte ci viene incontro correndo e gridando un nuvolo di bambini; hanno appena visto degli extraterrestri.
Il capo villaggio ci accoglie a suon di lao lao - bevanda alcolica tratta dalla fermentazione del riso - con bicchierini di dubbia provenienza, ma non possiamo certo rifiutare, sarebbe davvero maleducato. In men che non si dica ce ne siamo già sparati quattro a testa e senza accorgerci siamo catapultati in una festa di matrimonio nel villaggio.
I ricordi si stanno lentamente annebbiando come il fumo d’oppio degli anziani del villaggio, ma i sorrisi, il calore, l’ospitalità rimarranno scolpiti indelebili nel nostro cuore.
Grazie gente del Laos.
Una notte d'estate in una tradizionale casa su palafitta
Appunti di viaggio di Miks, assistente viaggi Asia con un cuore fatto di natura
Giorno 3 del nostro viaggio itinerante in Vietnam.
Dal caos e dal caldo umido di Hanoi ci spostiamo verso le colline interne del Paese, tappa nel villaggio di Mai Chau per la nostra esperienza in homestay, tradotto ‘pernottare nella casa di una famiglia vietnamita per vivere da vicino il loro ritmo lento’. Lungo il tragitto, fatto di curve e saliscendi, si iniziano a scorgere spettacolari terrazze di riso color verde lussureggiante che catturano immediatamente la nostra attenzione.
Dopo alcune ore di tragitto il nostro pulmino arriva finalmente a destinazione. Scendiamo e fin da subito apprezziamo la semplice accoglienza di Mai Chau. La grande famiglia di thai bianchi (genitori, figli, nonni, nipoti…) ci dà il benvenuto in abiti tradizionali, regalandoci grandi sorrisi e sguardi sinceri.
Con i nostri bagagli ci dirigiamo verso la splendida palafitta in legno con tetto in paglia. La famiglia ci indica la scaletta laterale per salire in camera, esclusivamente a piedi nudi, che meraviglia! La camerata si presenta con 16 finissimi materassini (singoli, twin e pure un matrimoniale!), pesanti coperte per riscaldarci dalla frizzante aria notturna e tende antizanzare per proteggerci dagli attacchi di simpatici insetti locali.

Bà ngoại, la nonna, è la guida che oggi ci accompagna in uno spettacolare trekking tra ampie risaie. Non pronuncia una mezza parola di inglese, ma con la sua saggia presenza riesce a comunicare meglio del miglior interprete. Siamo in pieno agosto e le piogge sono molto frequenti. Falchiamo gli ultimi passi della nostra passeggiata quando da lontano intravediamo enormi nuvole nere che si avvicinano sempre di più. Bà ngoại non si scompone e noi da veri temerari ci affidiamo completamente a lei.
Rientriamo giusto prima di un temporalone di mezza estate che rende la nostra permanenza in homestay ancor più suggestiva. La famiglia ci delizia con una cena tradizionale, tutto è semplicemente squisito. La serata trascorre tra le coccole della piccola di casa, il karaoke italo-vietnamita ‘voluto’ dalla nostra insostituibile guida Giovannina e l’indimenticabile bottiglietta di grappa di riso!
A notte inoltrata - l’orario esatto non è trascrivibile - le luci della nostra romantica dimora si spengono ed uno ad uno ci addormentiamo con la consapevolezza di essere già una meravigliosa famiglia di #nomadimoderni!
Funerale Maori all'improvviso
Appunti di viaggio di Kristian, assistente viaggi Sudamerica, con un bagaglio di esplorazioni da Occidente ad Oriente
Il 20 maggio del '18, io e Alison abbiamo fortuna e onore di partecipare ad un vero evento Maori: un funerale, nella città di Rotorua, in Nuova Zelanda.
Facciamo un salto indietro. Il giorno prima, passeggiando per la città, decidiamo di andare alla scoperta del villaggio Maori di Ohinemutu, a pochi passi dal centro di Rotorua. Il luogo è molto caratteristico, con un edificio tipico Maori, una chiesa anglicana, i fumi dell'acqua che bolle per gli eventi geotermici della zona, il tutto circondato dalla bellezza del lago.
Colpiti da cotanta bellezza, decidiamo di tornarci il giorno seguente. La mattina eccoci infatti all'entrata dell'edificio principale del villaggio; c'è molta gente all'interno, ma noi restiamo fuori, si respira aria di "non si può entrare senza permesso". Nel mentre giunge un'auto, parcheggia e scende un signore, che in un baleno ci raggiunge. Dopo essersi presentato ci fa il terzo grado - chi siete, da dove venite, cosa cercate... - ed inizia a raccontarci quello che sta accadendo.
"Questa è la casa degli incontri e si sta svolgendo la pratica di manaakitanga" - dice il signor George - "ossia il processo di dare rispetto ai defunti, la classica veglia funebre Maori!"

Notando la nostra curiosità, ci invita ad entrare in qualità di ospiti, ed ovviamente non possiamo che accettare. Oltrepassato il gate esce una signora, che cantando in Maori, ci concede il passaggio alla casa, il loro benvenuto. Ci togliamo le scarpe, uomini da una parte, donne dall'altra ed ha inizio una lunga testimonianza in maori da parte dei famigliari, che culmina con un canto.
Tutto ad un tratto il signor George si alza, prende parola e tra un pensiero e l'altro in onore della defunta, racconta di noi, presentandoci al capo tribù che ci dedica uno speciale benvenuto, spiegandoci come questo sia solo il primo dei tre giorni del ricordo - e quello successivo avrebbe visto il vero e proprio funerale, peccato non poter assistere.
Quando tutto sembra finito, i famigliari ci invitano alla "casa del cibo" a prendere tè, biscotti e sandwich con loro, raccontandoci alcune curiosità: la meeting house è come un uomo, l'entrata è la bocca, le braccia solo il tetto e il palo all'interno il cuore, e non per ultimo ci raccontano che il cibo è cucinato grazie ai vapori che escono dalla terra. Ci sembra di conoscerli da settimane!
Purtroppo è giunta l'ora dei saluti: naso e fronte contro naso e fronte, hongi, e occhi chiusi per due secondi. Il classico saluto in stile maori permette a due persone di unirsi nello stesso tempo e spazio. Ringraziamo la tribù, conservando questo messaggio come buon auspicio, per noi, per loro, per tutti.
Nell'attesa di riprendere a viaggiare, scriveremo di altri piccoli racconti sparsi qua e là, che esaltano la bellezza delle diversità del nostro mondo. Anche voi volete condividere la vostra esperienza di viaggio? Scriveteci a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e pubblicheremo le vostre parole...
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori,
ma nel possedere altri occhi,
vedere l'universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d'altri:
di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è. Marcel Proust

Racconti e foto di:Emmanuela D., Maria B., Beatrice T., Christian C., Michela L. e Kristian P. Redatto da:Maria B., Beatrice T., Madda P. e Claudio P.